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giovedì 24 novembre 2016

Dperd - V

#PER CHI AMA: Dark Wave
Siamo alla quarta prova in studio per i Dperd, duo dark wave siciliano dall’impronta eighties, attivo ormai dal 2008. L’opera si chiama 'V', un titolo criptico e ancestrale, forse a richiamare l’armonica convergenza tra i valenti animi artistici di Valeria e Claudio: lei sensibile autrice e cantante, lui raffinato musicista e compositore. I due musicisti sono maturi e preparati avendo alle spalle una lunga carriera musicale. Hanno infatti già dato alla luce il progetto Fear of the Storm, a cui sarà dedicata 'Madness Splinters 1991-1996', prossima uscita autunnale edita dalla label My Kingdom Music in una splendida versione deluxe contente la discografia completa di entrambe le band oltre a vario merchandise, dalle t-shirt alla shopping bag. Ma concentriamoci ora su 'V', partendo stavolta direttamente dal mio pezzo preferito, “I Believe In You Song”. Si tratta di una ballata eterea e fiabesca che incarna una di quelle storie oscure e visionarie così suggestive e ipnotiche da poter potenzialmente portare l’ascoltatore in uno stato di trascendenza onirica. Per di più, la canzone sembra essere la prima parte di una trilogia nascosta, costituita dalla appena citata “I Believe In You Song”, “But I Love You Song” e “They Do Know Song”, che chiude l’opera. Oltre ad un tocco originale nell’architettura della tracklist, si tratta anche di un concept musicale dotato di un inizio, uno sviluppo ed una conclusione, fatto di trame armoniche e melodiche, dove la voce non utilizza parole ma solamente suoni. Dall’atmosfera incantata della prima parte si passa ad un ambiente ritmicamente più incalzante ed armonicamente complesso nella seconda parte. La triade culmina nel finale, dove i vocalizzi di Valeria diventano arditi ed espressivi e il mood determinato e risoluto. Non solo la musica è di ottima fattura ma anche dal punto di vista lirico, siamo davanti ad un’opera di un certo spessore: l’utilizzo dell’italiano è un evidente punto di forza del progetto, non è infatti cosa da tutti i giorni sentire la nostra lingua utilizzata in un genere così particolare. Si prenda ad esempio “Cercando Solitudine”, una poesia ermetica dai toni tetri declamata da una voce sicura e calda che si adatta perfettamente alla ritmica soffice ed ai suoni di organetto e delle chitarre impregnate di chorus, a ricordare i leggendari The Cure. Dopo l'indiscutibile bellezza e l'indubbia qualità della proposta dei Dperd, veniamo ora a quella che secondo me è la macchia su questo lavoro esemplare, vale a dire la parte grafica. Se il disco musicalmente e poeticamente prende ed interessa, altrettanto non si può dire dell’artwork. Oltre ad essere discutibile la scelta dei font, anche l’immagine di copertina non ha la stessa profondità e potenza comunicativa della musica. Il soggetto è invece coerente col disco: un balcone affacciato sulla desolazione di un orizzonte montuoso sotto un cielo grigio, centra esattamente lo stile della band. In conclusione, consiglio l'ascolto di 'V' a tutti gli appassionati della dark wave anni '80, qui troveranno una band con lo stesso spirito di quegli anni ma calata nella modernità del 2016. (Matteo Baldi)

(My Kingdom Music - 2016)
Voto: 75

https://dperd.bandcamp.com/album/v

martedì 24 marzo 2015

Echoes and Signals - V

#PER CHI AMA: Progressive Post Rock
Accendevi lentamente una sigaretta. Se non fumate fate ardere il vostro camino. Se non avete un camino, date fuoco alle polveri della vostra coscienza. Ho bisogno del vostro ardere indistinto, per farvi viaggiare in questo album dei russi Echoes and Signals. Partiamo con una fiammella tiepida, quasi impercettibile che soffonde da “I”. Un numero romano che ci introduce alla seconda traccia. “Over the Lethe”. 6.57. I minuti ed i secondi che imprigionano il mio ascolto. Percussioni di tastiere elettriche mi ipnotizzano. Ridondanze melodiche giurano melodia. Distorsioni fanno contorcere il brano, sporcandolo di ritmicità anni '80 accuratamente occultate. Un sottofondo che cerca il metal, ma alieno dal nostro dark ambient. Versiamo l’attenzione sul secondo numero romano “II”. Un altro intercalare. Graffi gutturali, lugubri di chitarre elettrificate. Incedere. Poi nulla. Ora d’improvviso, distoglie “Caught By The Water”. Bianco nero. Nero bianco, e così via. L’intro gioca con le dita sulla tastiera. L’evoluzione sorprende con una voce pulita e fondente come cioccolato spalmato sulla pelle tiepida. Batteria e voce ancora ci portano a convulsioni nostalgiche del periodo d’oro dei Rolling Stones. Ritmo. Batteria. Chitarra. Voce. Estrosità musicalmente semantiche in chiusura in vocalizzi ripetuti che fanno della pelle, brivido. Non possiamo procedere senza un altro numero. È il momento di “IV”. Addentriamoci romantici ed anafettivi in questo intermezzo, intenso, ma sfuggevole. Meglio farci invadere da “Hadal Pelagic”. La musica di questa song è quasi commestibile, tanto è corposa ed impregnata di strumentalità un po’ ostentate, un po’ ritmiche. Il brano è metamorfico. Se foste su una gondola nel mezzo della laguna veneziana, circondati da queste sonorità, credetemi, vorreste toccare terra per tornare al sicuro. Non mi sorprende si affacci sul nostro cammino un’altra romanità. “V”. Pochi tocchi di questa cordata sonora, bastano a persuadermi. Chiudo occhi e mente. Riapro la serranda emozionale per “The Waiting Room”. Ne vale la pena. La batteria mi fa finalmente vibrare l’anima. Il climax ritmico mi graffia l’attesa. Le pause tra i battiti sonori sono enfasi al reiterare di queste musicalità, così saporite da volerle assaggiare ripetutamente. 7.07. minuti e secondi per cui vale la pena vivere di musica. Mangiate alla mia tavola. 'V' si conclude con “When the Time Has Come to Sail Away”. Mi chiedo se con questa ballata la band voglia sublimare gli stili variegati che sparge nei propri brani. Mi chiedo se in questo brano strumentale, struggente e vivo di sonorità eclettiche, vi sia la voglia ed il compendio ad un lavoro, a una esperienza, a una passione intrinseca per la musica strumentale, vocale, epocale. Ascoltate. (Silvia Comencini)

(Self - 2014)
Voto: 70

martedì 8 ottobre 2013

Luciferi – V

#PER CHI AMA: Psichedelia, Motorpsycho, Karma to Burn
Luciferi è una band parmigiana composta da tre elementi in formazione classica e tipicamente rock, basso, batteria e chitarra. La loro musica è un raccoglitore di varie tipologie sonore che ruotano attorno alla galassia del noise rock, qui proposto in veste strettamente strumentale con richiami plurimi a stoner rock, psichedelia, alternative rock. Analizzando il sound, subito ci rendiamo conto che i Luciferi non hanno tracce heavy di nessun tipo nel loro background musicale infatti, non si parla di post metal, post noise o post core ma al massimo possiamo tentare di spingerli verso il post rock (anche se sarebbe un po' come sviare i loro intenti...) ma meglio dire che i nostri vedono il rock' n roll con gli occhi dei Motorpsycho, con tanta psichedelia '60s & '70s, aperture alla Mogwai e atmosfere fumose e desertiche. Non che l'impatto sia spudoratamente desert rock ma sicuramente dei richiami cosmici ci sono. Per l'impianto a tre strumentale ricordano i Karma to Burn anche se non sono così acidi e ruspanti, possono ricordare i Jesus Lizard ma sono meno punk e più lisergici, scivolano tra le frequenze degli And You Will Know Us by the Trail of Dead ma si rendono comunque originali perchè fondono l'urgenza creativa, romantica e rumorosa dei The Pineapple Thief; infine possiamo dire che in alcune parti hanno un tocco molto carino e tutto rock alternativo italiano che si rivela sulle cadenze dei più recenti Diaframma e Marlene Kuntz. Detto questo, ci sembra ovvio pronunciare un verdetto più che favorevole nei confronti dei Luciferi. Una band con queste caratteristiche che prende spunti da così tanti modi diversi di fare musica rock e allo stesso tempo riesce a mantenere una sua peculiarità stilistica non può altro che giovare nell'abbandonato sottosuolo italico. Ricordando che "V" è un album autoprodotto e degnamente realizzato sia come suoni che come grafica dai nostri luciferini, vi invitiamo a gran voce di andare ad ascoltarlo e a farvi contagiare un bel pò... (Bob Stoner)