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lunedì 15 giugno 2015

Sinfulness - Sentenced to Life

#PER CHI AMA: Progressive Deathcore
Deve essere quello di una vera mitragliatrice il suono assassino che apre l'album dei belgi Sinfulness, una delle nuove promettenti leve del roster Kreative Klan. Pochissime le informazioni trovate sul web, questo a testimoniare ahimè la scarsa rilevanza data ai nostri dagli addetti ai lavori, un vero peccato. I Sinfulness sono un quintetto di Liegi, (credo) al debutto con questo 'Sentenced to Life', e con un sound all'insegna di un roboante deathcore progressivo. Undici i brani con cui il five-piece ci prende a mazzate: della opening track, "Borderline" abbiamo già detto, una scarica di martellate furenti di batteria su una schizofrenica linea ritmica a richiamarmi tanto i nostrani Infernal Poetry quanto qualche band metalcore d'oltreoceano. Quello che sorprende è la capacità innata dei nostri di cambiare tempi, umori e ritmi in modo a dir poco vertiginoso, assemblando un concentrato di cattiveria e melodia davvero originale. Di pari passo va anche la voce di Vin, che si dimena tra urla metalcore, qualche growl e clean vocals. "Inner Struggle" è una traccia ipnotica che viaggia sul binario ritmico caro ai Meshuggah, trovando modo di stupire l'ascoltatore anche con un break elettronico totalmente inaspettato e una porzione corale altrettanto inusuale. "Apathy" parte in crescendo, con la ritmica che dopo poco divampa impazzita come un treno deragliato. Non temete, le sfuriate durano pochi attimi, una manciata di secondi, in cui i nostri saranno in grado di stupirvi con tutto e il suo contrario, in una girandola musicale fuori controllo. I Sinfulness sanno certamente come tenerci incollati ad ascoltare il loro vibrante sound, con costanti variazioni al tema portante, sia a livello musicale che vocale. Il fatto poi che le tracce siano di breve durata aiuta a digerire il tutto molto più velocemente, ma soprattutto ad apprezzare maggiormente i contenuti dell'album. Uno splendido intermezzo acustico di basso e ci troviamo dinnanzi al riffing di "Misophonia" e a un gruppo che vuole fare dell'imprevedibilità il suo vessillo. Le melodie sono davvero buone, cosi come altrettanto buona è la multisfaccettata performance del vocalist dietro al microfono. Forse la produzione è un po' troppo glaciale, avrei reso il tutto molto più caldo e pieno. Ancora un intermezzo noise e sbatto il muso contro l'imponente muro di "Conformity", contraddistinto da una ritmica ipertecnica che non lascia scampo. Il disco scorre via velocissimo e le ultime tracce appaiono un po' più sottotono rispetto alla pirotecnica verve che caratterizzava le prime song. A chiudere 'Sentenced to Life' ci pensa la nevrotica "Ubiquitous Imperfection", la traccia verosimilmente più deathcore del disco anche se nella sua parte centrale, collidono influenze di scuola progressive (Cynic) con il dinamitardo incedere metalcore. Notevoli! (Francesco Scarci)

(Kreative Klan - 2014)
Voto: 75

domenica 24 maggio 2015

Deadalus - Remnant of Oblivion

#PER CHI AMA: Techno Death, Meshuggah
La Kreative Klan sale in cattedra proponendo il full length d'esordio dei belgi Deadalus, fautori di un ultra tecnico concentrato di death metal con i controcazzi. Solo sette pezzi per una mezz'ora scarsa di musica bastano e avanzano per sancire l'eccezionale bravura di questi quattro ragazzotti di Liegi che devono essere cresciuti a pane, birra e Meshuggah. "An Adverse Event Horizon" attacca con un riffone bello compatto che sembra sul punto di esplodere da un momento all'altro. La traccia si mantiene invece granitica, infliggendo cambi direzionali da urlo e mantenendo costante un senso di tensione che mai trova sfogo nell'evoluzione della song, che sottolinea il dualismo vocale (scream/growl) del frontman Nico. L'ubriacante lavoro alle chitarre di Séba trova più spazio nella successiva "An Unthinkable Mess", dove la roboante ritmica ha lo stesso effetto di un cinghiale posto sullo stomaco. Quando poi Séba inizia a giochicchiare sul serio con la sua sei corde, non ce n'è davvero per nessuno, peccato solo che gli assoli non siano cosi lunghi, altrimenti fiumi di sangue sgorgherebbero anche dalle vostre di orecchie. Dalle mie sgorga già, complici quelle frustate inferte alla batteria dal funambolico Mykke, che insieme a Max al basso, completano il quartetto. Max che irrompe a gamba tesa nella terza "Fathom", altra song che mostra una contraerea lenta ma efficace. I cambi di tempo non si contano, i tempi dispari creano una certa difficoltà nel digerire alla prima botta il sound dei nostri, ma quando anche voi ci farete l'orecchio, non potrete che esaltare l'eccezionale tecnica del combo belga, che a livello solistico sembra risentire addirittura di certi influssi jazz fusion. Spaventosi, e quando parte "In Timeless Patterns", i Deadalus sembrano essere in grado di corrodere ancor di più i miei timpani, con un giro psicotico di chitarra che evoca gli stralunati Infernal Poetry. Potenti, ma mai sopra le righe con velocità supersoniche o quant'altro. Con un riffing che sembra preso in prestito da "This Love" dei Pantera, l'ensemble costruisce un disco intelligente e assai maturo che ha ancora da dare parecchio: l'assolo in "Bury Me" ha lo stesso effetto di una punta di diamante sulla portiera di una macchina e con quella sua linea ritmica a dir poco disturbante, la eleggo come mia traccia preferita di questo 'Remnant of Oblivion'. In "Axis of Entropy", sono ancora i cambi di tempo al fulmicotone, privi di alcuna sbavatura di sorta, a tenere banco con un impianto ritmico da far impallidire chiunque. La forza dirompente dei nostri risiede poi nella capacità intrinseca di suonare brutali pur non eccedendo mai in fatto di pesantezza o velocità. Arrivo frastornato alla conclusiva title track, quasi sfinito, eppure sono passati solo 23 minuti: vengo investito dalla traccia più lunga del disco, che ha il solo compito di darmi il colpo di grazia e condurmi alla follia totale. Attenzione quindi anche a voi, l'ascolto di 'Remnant of Oblivion' potrebbe risultare parecchio pericoloso. (Francesco Scarci)

(Kreative Klan - 2014)
Voto: 80

mercoledì 8 aprile 2015

Mothercare - Chronicles of Ordinary Hatred

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Forbidden, Slayer
Dati per bolliti, imborghesiti o addirittura additati come "commercialotti", i veronesi Mothercare spazzano via ogni nube con una prova che conferma quanto di selvaggio già avevamo ascoltato nel precedente 'The Concreteness of Failure'. 'Chronicles of Ordinary Hatred' è il loro nuovo lavoro, costituito da sei tracce inedite e due cover, tra l'altro mica prese a caso: "Relics" dei Nasum e "Piss Angel" dei Pig Destroyer, ma andiamo con ordine. Il cd attacca con "Lingering Over the Tide to Float", song aperta dal suono del mare e dei gabbiani. Nella quiete eterea di quest'immagine romantica, irrompe furente il sound fragoroso dei nostri, che viaggia in bilico tra il death/thrash degli Slayer (anche a livello vocale) e alcuni frangenti (soprattutto nel finale) che potrebbero richiamare gli esordi dei Cynic, il tuo riletto in una chiave decisamente più estrema e a tratti originale. Sono un po' spiazzato lo ammetto. Provo pertanto a skippare alla successiva "Devouress (Part 1)" e altri suoni si materializzano nella mia mente. Ricordate Craig Locicero, frontman dei grandissimi Forbidden? Bene, non solo il vocalist, Simone Baldi, richiama un potenziale ibrido tra lo stesso Craig e il buon vecchio Tom Araya, ma la musica dei Mothercare scomoda quella delle due band californiane: riffoni belli grossi, ritmica selvaggia (bravo Marco Piran dietro le pelli che lavora in perfetta sinergia con Mauro Zavattieri alle percussioni) e un sound carico di groove a manetta, che si riflette anche nella seconda più breve parte del brano. Con "Bent to the Almighty" a venire scomodati questa volta sono i Pantera, complice un giro di chitarra che l'immortale Dimebag Darrell si sarebbe divertito nel proporre e alle vocals di Simone che ripropongono un Phil Anselmo in versione più raw. "La Stanza Dipinta Di Viola” è un bell'esercizio di percussioni, in cui l'eccezionale Sbibu (Farabrutto tra gli altri) dà un breve accenno della sua classe da jazzista avanguardista. Con "Venomous" si torna a picchiare su ritmiche death/thrash (ottima la sezione ritmica completata da Mirko Nosari e Rudy Pellizon alle chitarre e Jacopo Ravagnani al basso) e tra i guest questa volta appare Sebastian “CP” Platzer (Not To Save One’s Life – Kàla). E veniamo infine alle due cover e al perché della loro scelta: la furiosa “Relics” vuole essere un tributo al grande Mieszko Talarczyk dei Nasum, che perse la vita nello tsunami del dicembre 2004, Mieszko che fu guest vocals nel disco dei Mothercare, ‘Traumaturgic’. E per l'occasione, è proprio l'ex vocalist di quel disco, Guillermo Gonzales, a prendersi carico in modo spietato, delle vocals che furono del cantante polacco. "Piss Angel" invece è una perla di suoni old school da cui i nostri hanno tratto parte della loro ispirazione. Che dire, se non che i Mothercare sono in forma e incazzati più che mai... (Francesco Scarci)

(Kreative Klan Records - 2015)
Voto: 75

martedì 18 settembre 2012

Novel of Sin - Sound of Existence

#PER CHI AMA: Deathcore, As I Lay Dying, Neaera
Il Kjeragbolten: un antico molare norvegese, un cariato dente di roccia che sta per cadere. Incastonato tra le mandibolari Kjerag Mountains, è sospeso sull'orlo dell'abisso a circa mille metri di quota sopra il nulla. Lì mi trovo, in piedi, in una posizione dall'infinita energia potenziale e, indomito, guardo giù, di sotto. Avverto la scarica adrenalinica impossessarsi famelica del mio corpo ma mantengo il controllo. Mi giro, come niente fosse e sorrido alla gente che si trova a poca distanza me e da quel "molare". Su vicine "gengive" di roccia, la gente, mi osserva, impaurita o ammirata. Nessuno mi dice niente ma leggo, nelle loro menti, la pazzia che ognuno di loro mi attribuisce. Fuori resto serio ma dentro... dentro già me la rido. Tutti si mantengono a debita distanza. Estraggo con nonchalance, da quello che ho camuffato come un semplice zaino Invicta, i miei auricolari ed il mio paracadute. È vietatissimo il base jumping da quel punto ma me ne frego, ormai ci sono ed indietro non ci torno. Già sono preda dei psichedelici vocalizzi di "728(16)102" breve preludio a "Voices, Prayers and Remembrances", prima vera track di questa release: "Sound of Existence" dei ravennati Novel of Sin. Pochi secondi ed una testata da 20.000 chilotoni deflagra nelle mie sinapsi: plettrate non lente ma comunque poco veloci e dalla potenza incisiva. La distorsione è tale che ho difficoltà a trattenermi dal pogare. La melodia, contagiosa, mi vedrebbe scatenato nell'headbanging più sfrenato ma no, devo restare serio. Il lancio è una specie di rito. Il mio rito. Torno allora indietro di pochi passi accompagnato dalle octopiche note di "Alone Through the Tides". Pause ad effetto intercalate tra i breakdown che ne rallentano il ritmo, un voluttuoso accoppiamento con i ripetitivi accordi di chitarra, una batteria martellante e l'alternanza tra scream e growl, danno vita ad una particolare, viscerale, amalgama che vede, quale ingrediente segreto al posto del mercurio, l'intercalare di crash e splash. Dietro di me, intanto, poco più in là, l'invitante precipizio mi seduce, mi sussurra, quasi avverto la voce di Trilly, fata dell'aria dell'Isola Che Non C'è: io però, sono un Peter Pan particolare, un Peter Pan sul quale la polvere di stelle non ha effetto alcuno e che non ha bambini sperduti da salvare. I piedi ce li ho ben saldi a terra. Adesso. Ululanti spire di vento, mi corteggiano, lambiscono, attirano. Poco sotto, l’abisso, semi offuscato dall'umida nebbia crepuscolare, m'invita al più dolce dei tuffi. Un salto da mille metri ad accarezzare, quasi con mano, un affilatissimo profilo di roccia spinti anche dalle incontrollabili, repentine, brusche, raffiche di vento. Eolo non è dalla mia, quel giorno. Lanciarmi da lì. Che bella idea m'è venuta. Mi giro infatti di scatto e, soggiogato dalle tonanti rullate di "A Key For Nowhere" corro deciso e mi getto nel vuoto. A braccia aperte. A volo d'angelo. Una capriola in avanti e poi giù di testa, in picchiata, braccia tese lungo i fianchi. Non la vedo più, la gente, ma me la immagino terrorizzata farsi sempre più piccola lassù, sopra di me. Il vero spettacolo, che dura pochi istanti, è lì, nell'aria. Osservo il suolo approssimarsi sempre più. Comincio a distinguerne bene i particolari. Non ho ancora aperto il paracadute: lo faccio adesso, sulle melodie di "Fragile" che questa release ripropone anche in chiusura in una versione remixata dai Demon Kids. Tocco dolcemente il suolo facendomi cullare da "Extinguish". Ad estinguermi, poco dopo, ci pensano infatti gli sbirri: giù di sotto non era il suolo ad attendermi: c'erano lì loro ad aspettarmi, per farmi una multa, non da 20.000 chilotoni sull'Atollo di Bikini ma da 4.000 Euro nel mio portafogli. (Rudi Remelli)

(Kreative Klan)
Voto: 70

giovedì 16 febbraio 2012

Acheode - Anxiety

#PER CHI AMA: Brutal Techno Death
Ognuno di noi, per quanto gli sia possibile, si sforza giorno dopo giorno di essere tranquillo, educato e gentile. Prima o poi però, è inevitabile, bisogna fare i conti con qualche momento di pura incazzatura. Tali momenti possono certo dipendere da noi, ma anche no. In un caso o nell'altro c’è da farsela passare, giusto? E' necessario venirne fuori. Ma come? Fermi lì, tranquilli, non state ad lambiccarvi troppo le meningi, qualcun'altro ci ha già pensato per voi! Non dovrete far altro che ascoltare. Si as-col-ta-re. Si tratta di un modo sicuro, veloce, senza effetti collaterali(?) Da assaporare in qualsivoglia quantità. Una magica valvola di sfogo che potrete aprire in ogni momento, al bisogno. Sto parlando degli Acheode, affiliati del sempre più nutrito esercito Kreative Klan e precisamente del loro full lenght, "Anxiety". Energia allo stato puro, un botto nucleare più potente dello spread che vi scardinerà piacevolmente le membra fino a ribaltarvele tutte ma senza alcun fall-out radioattivo. Fin dal primo istante, credetemi, vi entusiasmerà oppure no, lo capirete oppure no, in un caso o nell'altro, non avrete dubbi. Io ne sono uscito indenne e sicuramente entusiasta, di certo arricchito e pure annichilito. La cover, rivelatrice del concept di questo full lenght, ci propone un vecchio che viene strangolato dal cordone ombelicale di un feto: una sorta di rivalsa della vita sulla morte, quindi. Il sound che le nostre cinque colonne d'Ercole tutte italiane ci propongono è così incazzato che non esiste un adeguato aggettivo per definirne l'aggressività. La cattiveria ci è subito servita a piene mani, senza paura d'imbrattarsene, ma anzi con gioia di farlo, con "Parasitic Gangrene", prima track, e non si cheta se non sul finire dell'ultima song "Anxiety". Colonna vertebrale che sostiene tutto il disco e non lo fa mai cadere nella banalità, è l'estrema velocità con la quale ogni singola traccia viene eseguita. Einstein, che di velocità ne sapeva, nella sua teoria della relatività aveva posto un limite preciso a questo parametro: quella della luce. C'è però da dire, a suo favore, che al tempo, gli Acheode non esistevano. Loro infatti, infrangono questo limite, sfruttano una sorta di NOS relativistico che gli permette di spingersi in una sorta di al di là. La batteria sembra suonata da più di due braccia. Ne servirebbero, a mio parere, almeno quattro: che il batterista sia la reincarnazione di qualche antica divinità induista? Di certo è un Dio, le sue pelli devono derivare dalle pergamene del "Codex gigas" la "Bibbia del diavolo", per non uscire distrutte dopo ogni singolo passaggio. Mi sa che se andassimo a controllare, presso la biblioteca reale di Stoccolma, dove il Codex è gelosamente custodito, scopriremmo dove siano finite le pagine mancanti: nei toms e rullante di Filippo Vanoni. Per le chitarre vale la stessa regola: mi sa che anche stando lì vicino, concentrati, a guardare, non riusciremmo a distinguere colore e forma del plettro dalla velocità alla quale si muove. Resteremmo invece di sicuro imbrattati dal sangue dei polpastrelli che scivolano sui tasti restandone corrosi. Forse siamo di fronte ad un estremo quanto raro caso di polidattilia? Direi che con tre dita in più per mano forse (e dico forse) la cosa è fattibile. Spero infine nella clemenza di Marco De Martino, abilissimo e valido cantante del gruppo. Quando diventerà padre o se magari lo è già, non mi è dato saperlo, che stia bene attento a non usarla per canticchiare ninne nanne per i suoi bambini. L’effetto sarebbe devastante: comincerebbero a scendere le scale come la bambina de "l'Esorcista" e sicuramente parlerebbero l’aramaico. Promotori della fine del mondo, bravi! (Rudi Remelli)

(Kreative Klan Records)
Voto: 80

lunedì 5 settembre 2011

Aneurysm - Archaic Life Form - English

FOR FANS OF: Cyber Thrash, Fear Factory
"Sink or swim" must have thought the Aneurysm, one of the most underrated and unfortunate band in the history of our local metal, after having wrapped this new third work of theirs, where they have combined it this time really big. No, do not be afraid; do not take the negative connotation that usually this statement may have, but instead take it as very positive."Archaic Life Form" represents in fact a great leap forward compared to the previous "Shades", which was not actually a bad album, but that still showed some gaps in the composing key by the Venetian combo. With this new release instead, by the Kreative Klan Records, the quintet from Verona displays a brilliant effort, developing their music on a concept album set in a futuristic world where humans became extinct and the machines have populated the planet, cloning men to study their origins, but when the weakness of the feelings is discovered, the project is aborted. Of course I have summarized the content drastically, but I can assure you that the texts are revealed very interesting, as well as the musical proposal of the rest. Their sound rests upon a constant techno thrash basis until the initial "The Clear Obscure," which opens with a flattening rhythm, only to be interrupted by Gianmaria Carneri’s vocals. The production is surely bombastic, which is absolutely necessary to make it more enjoyable to listen to samples of various inputs, capable of making the final result very attractive and varied. The song results therefore as a mixture of aggression, strong doses of melody, a high technical level and a lot of cyber metal contrasts. If I were to make a comparison, I would say that Nevermore meets Anacrusis, playing in the Fear Factory style, not that bad, is it? Let's go further with "The Missing Element", where first of all let’s give an applause for the voice of Gianmaria, improved enormously in respect with the past, with a personal voice timbre, while the music is a stream of vibrant emotions characterized by the constant duality between power and melody . "Agent One" shows them play in a more cyber / industrial key with a number of confounding factors in the background really capable of transporting our mind in this imaginary world of the future, while the rhythm section beats like a maniac and axes unsheathe ruthless killer riffs. Intriguing, aggressive and creative, I like a lot this new appearance of the Aneurysm and the subsequent "Last Farewell" (which appear among other reminiscences of school Meshuggah) and "Angel" (a very melancholic song, opening with nostalgic touches of piano and Gianmaria's voice can only reminds us of the good Serj Tankian) continue to amaze me for their sophisticated and intelligent personality. The sound of a siren announces "Anomaly" and here the echoes of music take us back initially to The Kovenant , but then the band retakes their personal path stuffing the song with "anomalies", ie the effect of the disc jumping like it was filthy, enough to make me double-check if the dust has settled on the polished surface of the CD, but it is only a joke played by the ensemble to force my mind to repeat all these strange loops. Next in turn is the "Postulates" a song that travels in between thrashcore reminiscences and the cybernetic sound that characterizes Aneurysm of 2011.Closing the CD are the "The Great System" and "Progeneration / Deactivation", which ratify the incredible level of technical and compositional maturity reached in this new release. Not embracing this work would be a heinous crime, so go ahead and make it your own. The surprise of 2011? I hope so, in the meantime, good luck! (Francesco Scarci - Translation by Sofia Lazani)

(Kreative Klan Records)
Rate: 85

domenica 13 febbraio 2011

Shelter of Leech - No One Else Around


Infilo il cd nel lettore e subito, come un fiume in piena vengo piacevolmente investito da un flusso di sensazioni/emozioni positive. Si tratta dei giovani veronesi Shelter of Leech che allietano questa mia domenica di febbraio, con la terza release targata Kreative Klan Records. “No One Else Around” si apre con la sorprendente “Every”, che mette immediatamente in chiaro qual è la direzione intrapresa dal quartetto veneto: un sound che vive di una commistione tra crossover, nu metal, thrash e heavy classico, reso estremamente interessante dalla voce di Davide Macchiella, abile nel passare da clean vocals a momenti evocativi fino ad altri in cui, una timbrica più marcatamente sporca, trova il sopravvento. La musica della band risulterà sicuramente derivativa alle vostre orecchie, ma in fondo in fondo “un chi se ne frega” ci sta tutto. Se nella opening track, sono cenni di Tool o System of a Down ad emergere, nella successiva “K.O.”, i nostri rendono omaggio ai Pantera (qui Davide fa un po’ il verso a Phil Anselmo), con un sound pesante e con una song diretta “in your face”, ricca di spunti melodici ma anche di tanta aggressività. Con “Fix Me”, riemerge ancora il fantasma dei Tool, per il suo spettrale incedere e l’abile lavoro alle percussioni di Bruce Turri. Tuttavia ancora una volta il punto di forza dell’act italico, rimane la performance alla voce del buon Dade, sostenuto comunque brillantemente dagli altri musicisti. Il suono volutamente sporco dà l’idea poi di trovarsi nei pericolosi sobborghi di qualche metropoli americana. L’intermezzo rumoristico della title track interrompe la vincente proposta dei primi tre brani, e ci traghetta in una parte un più intimistica con “Recollect”, un po’ meno brillante delle altre song, anche se ci offre un discreto assolo nella sua parte centrale. Con “Golden Age”, il four pieces veronese ci riporta indietro di qualche anno con una song che esordisce con una vena molto rockeggiante e assai tranquilla, per concludersi in un arrembante e incandescente finale, dove il puzzo di sudore si mischia allo stridore della chitarra. “State of Grace” viaggia tra melodie “tooliane” e aperture a la Bokor, mentre “Get the Hell Outside” è probabilmente la mia traccia preferita: inizio affidato a basso/batteria seguite da una chitarra bella possente e corposa, con delle linee vocali veramente ispirate e chorus da brividi, con un finale affidato ad un parte acustica. Il cd dei Shelter of Leech, prosegue su questa linea mostrandoci una band capace di catturarci con una proposta immediata, pregna di melodia e ricca di aggressività. L’esercizio da fare ora, sarà prendere decisamente più le distanze da tutte quelle band citate in questa recensione e donare maggiore personalità alla propria proposta, ma sono convinto che i nostri non ci deluderanno. Talentuosi ed estremamente interessanti in prospettiva futura! (Francesco Scarci)

(Kreative Klan Records)
Voto: 70

domenica 30 gennaio 2011

Aneurysm - Archaic Life Form


“O la va o la spacca” devono aver pensato gli Aneurysm, una delle band più sottovalutate e sfortunate della storia metal nostrana, dopo aver confezionato questo loro nuovo terzo lavoro, dove i nostri questa volta l’hanno combinata davvero grossa. No, non temete, non prendetela con l’accezione negativa che di solito questa affermazione può avere, bensì estremamente positiva. “Archaic Life Form” rappresenta infatti un bel balzo in avanti infatti rispetto al precedente “Shades”, che non era affatto male come album, ma che mostrava ancora qualche lacuna in chiave compositiva da parte del combo veneto. Con questa nuova release invece, targata Kreative Klan Records, il quintetto veronese sfodera una prova brillante, sviluppando la propria musica su un concept album ambientato in mondo futuristico in cui l’essere umano si è estinto e le macchine popolano il pianeta, clonando l’uomo per studiare le proprie origini ma, scoperta la debolezza dei sentimenti, il progetto viene abortito. Certo io ne ho riassunto drasticamente i contenuti, ma vi garantisco che i testi si rivelano assai interessanti, cosi come la proposta musicale del resto. Il sound dei nostri, poggia costantemente su basi techno thrash fin dall’iniziale “The Clear Obscure”, che apre con una ritmica schiacciasassi, per essere interrotta solamente dalle vocals di Gianmaria Carneri; la produzione è decisamente bombastica, cosa che si rende assolutamente necessaria per rendere maggiormente fruibile l’ascolto dei campionamenti di varia natura inseriti, capaci di rendere il risultato finale assai appetibile e vario. La song risulta quindi una mistura tra aggressività, forti dosi di melodia, un elevato tasso tecnico e un sacco di stacchi cyber metal; se dovessi fare un paragone, mi verrebbe da dire che i Nevermore incontrano gli Anacrusis, suonando in stile Fear Factory, non male vero? Andiamo oltre con “The Missing Element”, dove un plauso va fatto innanzitutto alla voce di Gianmaria, migliorata enormemente rispetto al passato, dotata di una personalissima timbrica vocale, mentre la musica è un flusso di vibranti emozioni caratterizzate dal costante dualismo tra potenza e melodia. “Agent One” mostra i nostri suonare in una chiave più cyber/industrial con una serie di elementi disorientanti di sottofondo capaci realmente di trasportarci con la mente in questo immaginario mondo del futuro, mentre la sezione ritmica picchia come un ossesso e le asce sfoderano spietati killer riff. Intriganti, aggressivi e creativi, questa nuova veste degli Aneurysm mi piace un sacco e le successive “Last Farewell” (dove compaiono tra l’altro reminiscenze di scuola Meshuggah) e “Angel” (song assai malinconica, aperta da nostalgici tocchi di pianoforte e la voce di Gianmaria non può che ricordare il buon Serj Tankian) continuano a stupirmi per la loro sofisticata e intelligente personalità. Il suono di una sirena annuncia “Anomaly” e qui gli echi musicali ci riportano inizialmente ai The Kovenant, ma poi la band intraprende il proprio personalissimo percorso infarcendo la song di “anomalie”, ossia l’effetto di salto del disco come se fosse sporco, tanto da indurmi a controllare più volte se la polvere si sia depositata sulla lucida superficie del cd, ma si tratta solamente di uno scherzo giocato dall’ensemble per obbligare la mia mente a ripetere tutti questi loop anomali. È poi la volta di “Postulates” una song che viaggia a cavallo tra reminiscenze thrashcore e il suono cibernetico che caratterizza gli Aneurysm del 2011. Chiudono il cd “The Great System” e “Progeneration/Deactivation”, che sanciscono l’incredibile livello di maturità tecnico-compositivo raggiunto da questa nuova release. Non far proprio questo lavoro sarebbe uno scellerato delitto quindi datevi da fare e fatelo vostro. La sorpresa di questo 2011? Lo spero proprio, intanto in bocca al lupo! (Francesco Scarci)

(Kreative Klan Records)
Voto: 85

sabato 29 gennaio 2011

Mothercare - The Concreteness of Failure


La Kreative Klan Records, neo etichetta del chitarrista dei Mothercare, Mirko Nosari, esordisce sul mercato discografico proprio con la band del suo proprietario, che finalmente dopo un silenzio durato 5 anni e che ha visto diversi avvicendamenti all’interno della band, torna prepotentemente alla ribalta con un album che si potrà certo accostare ai gods mondiali, sfoderando una maturità artistica mai prima riscontrata. Sia ben chiaro che non ci troviamo di fronte a dei pivellini di primo pelo, ma ad una storica realtà italiana che da quasi vent'anni calca la scena underground. Abbandonate le suggestioni nu metal degli esordi, assoldato un nuovo vocalist a sostituire il defezionario Guillermo Gonzales, prese un po’ le distanze dal thrash/hardcore del precedente “Traumaturgic”, il combo veronese si presenta ai propri fan con un lavoro intelligente, moderno, dirompente che non potrà non conquistarvi per la sua estrema immediatezza, dovuta essenzialmente ad una azzeccatissima miscela di suoni brutali uniti ad una inaspettata vena melodica. Non vorrei depistarvi con la parola melodia, perché all’interno del cd scorrono fiumi di odio nei confronti di una società estremamente corrotta, che si tramutano in arrembanti ritmiche, contraddistinte da apocalittiche atmosfere, in grado come sempre di creare uno stato di disagio e profonda angoscia interiore. Dopo l’intro “The Art of Diplomacy”, esplode forte la rabbia, il furore e la violenza di “The Slow and the Proud March to Conformity”, subito eletto il mio pezzo favorito, dove tra hyper blast beat, ritmiche mozzafiato e rallentamenti in stile “meshuggahiano”, possiamo godere già da subito dell’ottima performance vocale di Simone Baldi, coadiuvato dalle backing vocals di Mirko e Fabiano, bravo a muoversi tra un growling mai troppo esasperato e vocalizzi di impostazione cibernetica. Finito l’headbanging iniziale, mi getto nella mischia con la successiva “To Be or to Sink” che dà l’idea di essere una song più ragionata della precedente, con un tappeto ritmico sempre di notevole spessore, forte anche di una produzione cristallina, effettuata presso i Bunkker Studio e mixata poi ai Kreative Klan Studio, song capace di ammiccare a certe sonorità grooveggianti d’oltreoceano, per poi proseguire in un crescendo di aggressività e tecnicismi, in cui non può non emergere la tecnica disumana dell’ottimo Marco Piran dietro alle pelli. “Ten Easy Lessons”, song interessantissima per il suo testo e le sue dieci semplici lezioni da rispettare, mostra il lato più sperimentale dei Mothercare, con Stefano Torregrossa, preso in prestito dagli Aneurysm, a divertirsi con i synth. Il risultato? Notevole e garantito, con echi di Fear Factory che emergono qua e là fino allo strepitoso assolo conclusivo. Sono senza fiato, accasciato al suolo dalla costante e martellante efficacia di questi sei loschi figuri. “Blessed Be the Useless” conferma la creatività dell’act veneto e la grande voglia di sperimentare, per uscire fuori dagli schemi classici e garantire un prodotto competitivo a livello mondiale. È un destro-sinistro montante che non lascia assolutamente scampo, i Mothercare sono finalmente tornati e più in forma che mai. La dimostrazione è data anche dalle successive “Gateway to Extinction”, in cui basso e batteria si rincorrono in movimenti tellurici spaventosi, con il buon Simone che continua a vomitare odio nel microfono; “Mother” aperta da un basso malato, la psicotica e psichedelica “Phobic”, passando attraverso la pachidermica e sperimentale title track fino alla conclusiva “slipknottiana” “Uncontrolled Hatred”. Decisamente un gradito ritorno; dei Mothercare sentivamo la mancanza e questo “The Concreteness of Failure” placherà questa nostra voglia e colmerà decisamente il gap tra la scena italiana e quella estera. Ben tornati Mothercare, vi stavamo aspettando! (Francesco Scarci)

(Kreative Klan Records)
Voto: 80