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sabato 7 dicembre 2013

Skogen - Eld

#PER CHI AMA: Epic Black Metal Borknagar, primi Ulver, Enslaved
Se nella nota trasmissione televisiva 'Le Iene' fanno l'intervista doppia, non vedo perchè nel 'Pozzo dei Dannati' non possiamo concederci il lusso della recensione doppia. Se il disco in questione è poi un gran lavoro di black epico e progressivo, perchè mai negarsi questa possibilità. 'Eld' è la terza fatica degli Skogen, che conferma quanto fatto finora di buono dalla compagine svedese. Le danze si aprono con la cadenzata "Djävulens Eld", song ispiratissima soprattutto nella sua componente acustico/atmosferica, piuttosto che nella sua parte più tirata (dal forte sapore old-school), con forti richiami all'epico sound dei Bathory di 'Hammerheart' o agli esordi dei Borknagar, mentre nelle ritmiche, inevitabile penso che sia il confronto con gli Enslaved degli ultimi lavori. Ottimo comunque come biglietto da visita. La successiva "Apokalypsens Vita Dimma" conferma le mie impressioni iniziali: a livello di rifferama siamo assai vicini (talvolta pure troppo) alla matrice musicale di Ivar e compagni, mentre è nelle parti più melodiche e d'atmosfera che il terzetto di Växjö supera se stesso, offrendo scorci di musica pagana davvero edificanti per il mio spirito. Le evocative vocals del duo Joakim e Mathias riescono poi a trasmettere tutto l'amore dei nostri per la tradizione culturale scandinava. Ma vado avanti e mi lascio ipnotizzare dall'incedere marziale dell'oscura "Genom Svarta Vatten", song che ha il grosso merito di raggelare il sangue nelle mie vene, per quel suo incedere funesto, non scevro da un assalto frontale nella sua seconda metà, in cui emerge anche una tecnica affatto male, in un assolo non proprio di lunga durata, ma che apre ad un semplice, quanto mai splendido, arpeggio da brivido. Rapito dalla classe dei nostri, me ne fotto semplicemente se la band possa assomigliare a questa o quell'altra band di turno. Questo è il momento degli Skogen: i Bathory ci hanno lasciato, i Borknagar stanno percorrendo un cammino diverso e nell'Olimpo del black pagano dalle tinte progressive, accanto agli Enslaved, possono tranquillamente sedere gli Skogen. Splendida la strumentale "Nihil Sine Morte" per quel sentimento di profonda solitudine che riesce ad imprimermi nell'anima: calda e fluida emozionalità, in cui il forte pulsare del basso (vero protagonista del cd) e le malinconiche linee di chitarra, scuotono in un qualche modo, il mio cuore. Strano a dirsi quando si parla di black metal, ma questa è pura poesia, come poco spesso se ne è sentita in giro. Dopo questa breve parentesi, le nubi si addensano sopra la nostra testa con "Aska" con le vocals caustiche a prendersi la scena, costantemente minacciate dal basso tonante di Joakim e dallo squarcio di un nuovo assolo. I toni si fanno drammaticamente feroci, l'atmosfera si fa più sulfurea e la proposta degli Skogen appare ora avvolta da un'inattesa aura di malvagità, che mai prima d'ora avevo scorto nelle note dei nostri e che lentamente divampa nei pezzi successivi, fino al lunghissimo epilogo della glaciale "Monolit" che conferma la band svedese come unica e vera alternativa agli dei Enslaved. Eroici! (Francesco Scarci)

(Frostscald Records)
Voto: 80

Giunti al loro terzo lavoro in studio, gli svedesi Skogen riconfermano quanto di buono avevano già espresso in passato, affermandosi come una delle band più interessanti che il panorama estremo abbia da offrire tra i nuovi talenti. Non vi sono virate stilistiche rispetto ai precedenti lavori, per cui il genere proposto rimane saldamente ancorato ad un black metal dal respiro pagano. Quel che invece risulta maturata è la capacità di elaborare arrangiamenti più ricercati, che aggiungono maggior forza espressiva alle nuove composizioni. “Eld” ha tanto il sapore di un album uscito alla metà degli anni ’90, per cui non vi sono commistioni ibride tra generi, nessun tipo di azzardo avanguardista, né tantomeno la ricerca di un sound che a tutti i costi debba apparire originale. Anzi, la scrittura dei pezzi è piuttosto lineare ed è proprio in questa semplicità che gli Skogen hanno trovato la loro dimensione più consona, riuscendo a catturare l’attenzione con il solo tocco di un arpeggio o la leggerezza di una melodia ben costruita. È il caso di “Djävulens El”, il brano di apertura, che lascia trapelare immediatamente una discendenza diretta dalla scuola norvegese, restituendoci come un'eco, i fragori dei primi Ulver o dei Borknagar. A questo punto sorge il dubbio se gli Skogen appartengano alla cerchia dei cosiddetti gruppi derivativi, ma se anche fosse, ciò non va minimamente ad intaccare la solidità dell’album, che reclama un valore artistico autonomo, attraverso una collezione di brani realmente ispirati. Si prendano i cori vichinghi di “Apokalypsens Vita Dimma”, la parentesi acustica di “Genom Svarta Vatten” o il tappeto di tastiere di “Svavelpsalm”: sebbene diversi elementi di “Eld” tendano ad evocare un black metal dallo stile già ampiamente sfruttato, l’effetto “deja-vu” risulta comunque piacevole. Tra l’altro ogni passaggio è suonato in maniera ineccepibile, per cui non dispiace affatto compiere questo balzo all’indietro di quasi vent’anni. In “Aska”, ad esempio, risulta facile soffermarsi su dei giri di basso così ben cesellati tra le ritmiche mid-tempo o immergersi nella grandeur epica dell’assolo. Facile come perdersi nella strumentale “Nihil Sine Morte”, sognando le foreste innevate del grande nord. E se alla fine ci si riscopre nostalgici, non è poi così grave, no? (Roberto Alba)

(Frostscald Records)
Voto: 75

http://www.facebook.com/skogensweden

sabato 25 settembre 2010

Kailash - Past Changing Fast


Secondo cd per i nostrani Kailash, duo proveniente da Viterbo, che propone un sound estremamente personale e sperimentale. Partendo da basi math, l’act laziale esplora un po’ tutti gli ambiti della musica metal e non solo. Devo dire che mi ha fatto un po’ impressione leggere in giro per il web che i nostri siano una formazione black metal (relegato ad un paio di rare incursioni selvagge), perché a mio parere questa informazione è estremamente fuorviante di quelle che sono invece le reali note che si trovano nelle corde del duo Marco/Andrea. La prima “Water Glimpse” è una song strumentale (come tutto il resto del disco d’altro canto) decisamente ispirata al post rock, in cui si susseguono passaggi che vanno a dipingere ambientazioni oscure ed altre più brutali. La successiva title track è un gioiello in cui si incastonano gemme di jazz, avantgarde, math-core e progressive, che la incoronano decisamente al primo posto tra le mie preferenze. Sia ben chiaro “Past Changing Fast” non è uno di quei lavori estremamente semplici da essere affrontati: il fatto di essere cosi eclettico pone come condizione basilare la necessità di avere una mentalità estremamente aperta a questo genere di sonorità, non sempre facili da digerire. Andando avanti con l’ascolto dei brani, ci si rende sempre più conto della elevata capacità tecnica dei fratelli Basili che già avevano messo in luce le proprie potenzialità in passato sotto il monicker di Krom. I nostri sono dei maestri nell’alternare momenti di delicata poesia, ad altre esplosive evocazioni sonore, esaminando in modo approfondito il proprio intimo e le percezioni più distorte della psiche umana. Forse sto vaneggiando si, ma è solo l’effetto ipnotico che l’incedere di questo disco provoca alle mie cellule neuronali. Sono destabilizzato da quest’alternanza di suoni disarmonici, completamente disorientanti, che sembrano volti a portarci in un universo parallelo in cui tutto va all’incontrario. Bello, ma tutto decisamente strano, mi trovo quasi al termine dell’ascolto del cd e ho perso la cognizione del tempo e dello spazio. È un andirivieni di emozioni che travolgono l’ascoltatore, che spesso si ritrova spiazzato dalle soluzioni adottate dai nostri, decisamente dei maestri nel saper miscelare influenze provenienti da più ambiti musicali. L’unica scelta che magari non condivido troppo è il fatto di non avere un cantante in pianta stabile nella band, una di quelle voci sofferenti che potrebbero donare al tutto ancora maggiormente un feeling di disperazione, inducendo quindi l’acquisto di questo disco solo ad un ristretto numero di persone. L’ultima segnalazione riguarda il rifacimento di “Remembrance of the Things Past”, song dei norvegesi Ved Buens Ende, logicamente riletta in chiave Kailash style. Se volete abbandonare il vostro mondo e immergervi in un altro per una quarantina di minuti, il suggerimento che vi do è di tuffarvi nelle note di questo futuristico “Past Changing Fast” e lasciarvi andare ad un alternanza di pensieri confusi e distorti, attenti però a non sfociare nella pazzia! Raffinati e intensi, ma decisamente poco abbordabili e relegati per ora, solo all’ascolto di una di nicchia di persone. (Francesco Scarci) 

(Frostscald Records)
Voto: 75