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domenica 20 aprile 2014

Slomatics – Estron

#PER CHI AMA: Sludge/Doom
E’ già da qualche tempo che gli Slomatics sono uno dei motivi per cui tenere bene a mente il nome di Belfast, oltre a Van Morrison, George Best, Kenneth Branagh e gli attentati dell’IRA. Il trio nordirlandese, infatti, ha all’attivo già una manciata di lavori di assoluto spessore e una BBC session, che li hanno imposti come uno dei nomi importanti dello sludge-doom europeo e non solo. Tra i motivi di interesse di 'Estron', il loro nuovo album, c’è l’esordio di Marty alla voce e alla batteria, mentre Chris e David (i tre hanno anche dei cognomi, suppongo, ma non sono riuscito a trovarli in rete) continuano a saturare in maniera criminale le loro chitarre. Tutto, in questo lavoro, sembra fatto bene e ci consegna l’idea precisa del concetto di solidità. Dalla splendida copertina illustrata dall’artista sci-fi Tony Roberts, che qui sembra omaggiare Moebius, alla qualità dei brani, alla perfetta resa del cataclisma sonoro orchestrato dai tre. Quello creato dagli Slomatics è un maelstrom sonico sempre sul punto di implodere sotto il suo stesso peso, ottenuto accumulando strati di fuzz e percussioni tonanti, che se ascoltato al giusto volume (e in questi casi, il volume “giusto” è sempre quello che si avvicina al fine corsa della manopola) è in grado di entrare in risonanza con la vostra cassa toracica e gli organi interni, e prendere il controllo del vostro corpo contro la vostra volontà. La prova di Marty è assolutamente di alto livello, tanto dietro le pelli quanto alla voce, mentre i suoi sodali sfornano riff colossali a ciclo continuo, e i brevi momenti drone, a base di theremin e synth, sono azzeccatissimi e permettono di prendere fiato prima di venire nuovamente sommersi da valanghe di watt. I brani sono tutti di altissimo livello, e diventa difficile trovare vette nella scaletta, mentre di cedimenti nemmeno l’ombra. Mi piace citare le iniziali “Troglorite” e “Tunnel Dragger”, oppure la pachidermica, devastante “Lost Punisher”, o ancora “And Yet It Moves”. In ogni caso la sensazione è quella di trovarsi ai piedi di un vulcano in eruzione, quando è ormai troppo tardi per mettersi in salvo, e l’unica cosa da fare è provare a godersi lo spettacolo, sperando, chissà come, di uscirne indenni. Mastodontici. (Mauro Catena)

(Burning World - 2014)
Voto: 80

sabato 15 febbraio 2014

Atlantis - Omens

#PER CHI AMA: Post Rock, Isis, Cult of Luna
A volte mi chiedo come mai tante fantastiche band straniere passino totalmente inosservate nel nostro paese. Non credo sia una carenza di interesse da parte dei fan italiani, quanto piuttosto una sorta di isolamento culturale/musicale in cui viviamo, che ci costringe semmai a godere di quelle schifezze che passano le radio locali. Io che di natura sono invece assai curioso, compio ormai quotidianamente una ricerca mirata a trovare l'album perfetto; oggi mi sono imbattuto in questi Atlantis, ome man band dei Paesi Bassi. Le coordinate stilistiche sulle quali si muove Gilson Heitinga, sono quelle del post rock strumentale, sporcato di infuenze più metalliche, ma sorprendentemente anche elettroniche. E cosi il bel digipack che ho fra le mani (peccato non abbia solo dei colori più vivaci nella cover) offre sei splendidi esempi di musica emozionale, pregna di malinconia (e le linee chitarristiche e di tromba, in "Raptor", ne sono testimoni) e portatrice di nubi cariche di pioggia. Perfetto direi, per questo periodo storico in cui il sole l'avremo visto si e no in un qualche servizio turistico alla tv. Comunque per 4 dei 6 brani contenuti in 'Omens', preparatevi ad affrontare lunghe cavalcate in cui, a forse fin troppo ridondanti giri di chitarra (vera pecca dell'album), si sovrappongono intermezzi ambient e appunto elettronici. I chitarroni melodici di "And She Drops the 7th Veil" sono belli pieni, in stile Isis, mentre le atmosfere rarefatte e a tratti psichedeliche che si materializzano qua e là, mostrano un che dei Cult of Luna. I momenti migliori rimangono quelli delle fughe nell'elettronica, che conferiscono al lavoro del mastermind olandese, quel pizzico di originalità che li distingue dalla massa. Se poi nella stessa song fa la comparsa anche la voce di Sanne Mus, non posso che gridare al miracolo, io che tanto mal digerisco i lavori completamente deprivati delle vocals. Una vena drone compare nella breve "The Path Into", mentre l'inizio ipnotico basso/batteria di "Widowmaker" mi carica come una molla, eccitando le mie cellule neuronali con suoni lugubri, maledetti e impreziositi da campionamenti vocali di fanciulle impaurite. Con la conclusiva e doomish "Omen" ci lanciamo a tutta velocità in un tunnel con le orecchie che rischiano quasi di scoppiare, ma non c'è da temere perchè chitarre, drumming e i sensuali vocalizzi di Sanne, ristabiliranno ben presto l'ordine delle cose. Intrisi di emozione. (Francesco Scarci)

(Burning World Records - 2013)
Voto: 75

http://www.facebook.com/atlantisrocks