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giovedì 18 aprile 2013

No Consequence - IO

#PER CHI AMA: Math,Tesseract, The Dillinger Escape Plan, Periphery
Proprio quando uno crede che nel math si sia già ascoltato quasi tutto (immaginandone gli estremi lento-veloce come Meshuggah-The Dillinger Escape Plan e in mezzo Tesseract, Textures, Periphery e compagnia), ecco che arrivano i No Consequence con "IO", uno di quegli album che ti fa dire: avrei voluto esserci mentre lo scrivevano. Il disco è un assoluto concentrato di furioso caos tenuto a forza in una gabbia, in continua tensione tra tutti i possibili sotto-generi del metal che vi vengono in mente. C'è il death tecnico, l'hardcore velocissimo, i riff ispirati al nu-metal dei primi 2000, le aperture melodiche, le atmosfere oppressive del post-metal. Ci sono – strano ma vero – ritornelli catchy che vi si piantano in testa e urla rabbiose dalle profondità più oscure, ci sono un pizzico di elettronica e persino qualche chitarra acustica. C'è il blast-beat del brutal grind e il math-metal più assurdo degli ultimi tempi, che vi obbligherà senza successo a cercare di contare un quattro quarti per più di due battute. La prova di tanta abbondanza? Il disco dura “appena” 46 minuti: ma con una tale concentrazione e varietà di atmosfere e arrangiamenti, che vi sfido ad ascoltarlo per intero e dire: "Così corto?". L'opening track "So Close to Nowhere" non lascia scampo: personalmente uno dei brani migliori dell'album, con un intro assolutamente memorabile. Altro capolavoro è "Bury the Dept", capace di alternare riffing serratissimi e ampi bridge melodici dai colori malinconici, per poi fondere insieme arpeggi, distorsioni, melodie e urla in uno straordinario finale. "What is Dead May Never Day", in un solo minuto di canzone, è una lezione di matematica applicata alla ritmica, con un riff talmente efficace che è quasi un peccato non averci scritto un intero brano. Il disco pecca forse di spontaneità? Può darsi. Ma dopotutto, non è né thrash metal vecchio stampo, né rock'n'roll da ragazzini sbarbati. “IO” è la quintessenza del metal di questo millennio: farà parte, voglio augurarmi, di quella musica che ascolteranno i figli dei metallari di oggi, pensando a questo decennio come a quelli che sono per noi gli anni '70. (Stefano Torregrossa)

(Basick Records)
Voto: 75

http://noconsequence.co.uk/

domenica 23 ottobre 2011

Circles - The Compass

#PER CHI AMA: Djent, Progressive, TesseracT, Dillinger Escape Plan, Periphery
L’Australia è da sempre sinonimo di ventata d’aria fresca e innovativa: basti pensare ai primi anni ’90 quando da Camberra saltarono fuori gli Alchemist e poi più recentemente i grandissimi Ne Obliviscaris e i Silver Ocean Storm. E ora è il turno di un’altra eccezionale band, i Circles, che con “The Compass” arrivano al debutto per la Basick Records. Muovendosi in territori musicalmente molto vicini al djent, sfoderano una prova a dir poco entusiasmante, molto probabilmente attribuibile in primis alla forza e bravura del cantante, che è bravo nell’alternarsi tra un growling possente (assai raro a dire il vero) e un cantato molto vicino a quello di Mike Patton. La musica poi è schizoide, imprevedibile, con dei riffoni ultra ribassati, stop’n go disorientanti, ritmi sincopati, cambi di tempo mozzafiato, che ci fanno passare da momenti tirati, improvvisamente a delicati attimi di romanticismo, quasi da non credere. Si, ne voglio di più, perché a partire dalla magnifica opening track, “The Frontline”, passando attraverso “Clouds are Gathering”, fino a giungere alla conclusiva “Ruins”, i Circles offrono una prova magistrale su tutti i fronti: ottima musica, con delle melodie estremamente indovinate, tecnica eccelsa (requisito fondamentale per suonare questo genere, altrimenti vi prego astenersi, please), una perfetta produzione con un suono cristallino che enfatizza enormemente il risultato finale di un EP, che ha il solo difetto di non essere un full lenght, perché tanta e grande è la voglia di ascoltare la musica di una band, che sa prendervi per mano, sedurvi con un paio di smancerie (la presunta semiballad “Act III”) per poi prendervi a mazzate sul muso, con una miscela entusiasmante di suoni che dal djent si dirigono verso il progressive, techno metal. Accattivanti, tanto quanto (forse anche di più) dei TesseracT o dei ben più famosi Periphery, i Circles vi conquisteranno al primo ascolto, posso metterci la mano sul fuoco e so che non mi brucerò. Sono arrivato al termine di questo cd e soffro già di crisi di astinenza, quindi che fare? Meglio premere nuovamente il tasto play e lasciarsi conquistare dalla genialità di questi cinque straordinari musicisti australiani, di cui sentiremo certo parlare a lungo in futuro. Mezzo voto in meno perché si tratta di un EP. Fenomeni! (Francesco Scarci)

(Basick Records)
Voto: 85