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martedì 2 maggio 2017

Hateful Desolation - Withering in Dust

#PER CHI AMA: Depressive Black
Void e Gray Ravenmoon sono due loschi figuri: l'uno è un polistrumentista egiziano che milita in altre band dell'underground più profondo, il secondo invece è un giovane vocalist italiano. Si sono trovati nel 2014 e hanno generato, col nome di Hateful Desolation, questa release di tre pezzi di un interessante depressive black. Ventitré minuti (ma dovrei dire 14, visto che la terza song non è altro che la prima "Your Memory Will Never Fade" riproposta in versione strumentale) di sonorità deprimenti che mi abbracciano con la loro calda forza costituita da magiche sonorità black mid-tempo, complici le azzeccatissime atmosfere che si respirano lungo i suoi nove minuti, tracciate da evocative melodie, da sinistri slanci chitarristici e da demoniache vocals che ben si collocano sul tappeto tastieristico costruito dal duo italo/egiziano. Peccato solo che la song sia troncata malamente nel finale e si rilanci in un black più convenzionale nella successiva "Withering Away in Solitude", song dal piglio più maligno ma che comunque mantiene intatto il mood oscuro dell'ensemble. Da rivedere sicuramente l'apparato ritmico, con un vero batterista la band ne beneficerebbe certamente. E da curare anche la produzione dell'album cosi come gli imbarazzanti stacchi tra una canzone e la successiva. Le carte in regola per fare bene ci sarebbero anche, e con una maggiore applicazione, gli Hateful Desolation potrebbero farsi notare a più alti livelli, speriamo solo non si fermino a questo breve EP. Ah dimenticavo, un ultimo suggerimento: lasciate perdere le versioni strumentali delle tracce, sembrano dei semplici tappabuchi. (Francesco Scarci)

venerdì 17 marzo 2017

Malefic Mist - Il Richiamo dell'Inverno

#PER CHI AMA: Depressive Black, Burzum
I Malefic Mist sono una one man band di Milano, guidata da tal Mors Taetra che ho avuto già modo di conoscere e recensire con l'altra sua creatura musicale, i The Undergrave Experience. Gli MM francamente non li conoscevo e scorgendo il numero di release a loro carico, sono rimasto davvero impressionato: una quindicina, tra demo e split album, sono inclusi infatti nella discografia del musicista lombardo, peraltro senza mai aver rilasciato un full length. Quello che ho fra le mani oggi è 'Il Richiamo dell'Inverno', un demo cd composto tra il 2008 e il 2012, rilasciato in modo indipendente nel 2012 e solo nel 2016 grazie all'Adimere Records. Due le song contenute in questo lunghissimo lavoro che dura la bellezza di quasi 50 minuti. E la prima traccia, nonché title track, è costituita da oltre trenta minuti di sonorità glaciali, mid-tempo, che potrebbero chiamare in causa il buon vecchio Varg Vikernes e le sue produzioni più minimaliste. Difficile indicare qualcosa di particolare in una traccia che poggia buona parte della sua durata sul lento defluire di un paio di accordi di chitarra e pochi tocchi di basso, con la batteria lontano in sottofondo. Burzum e tutto lo stuolo di band depressive black non possono che essere il punto di riferimento per il mastermind italico. Solo dopo un quarto d'ora si avvertono le prime variazioni nelle linee di chitarra, grazie prima a delle armonizzazioni e poi ad un rallentamento abissale del già di per sé lento flusso sonico di Mors Taetra, qui aiutato da Gionata Ponenti alla batteria e chitarra solista nella successiva "Cuore di Lupo". I minuti scorrono sfiancanti e asfissianti con una ridondanza a livello dei suoni che ha un che di paranoico come quello di un pendolo meccanico in un orologio a pendolo. Nell'ultimo terzo di canzone, le chitarre si fanno più piene, pur senza cambiare l'accordo su cui poggiano, dandoci il definitivo colpo del ko. Arrivo francamente stravolto alla seconda tappa di montagna de 'Il Richiamo dell'Inverno' consapevole che potrei trovarmi di fronte all'ennesimo ipnotico giro di chitarra che questa volta durerebbe una ventina di minuti. Sono tocchi delicati quelli che sfiorano le corde della chitarra nei suoi primi sette minuti di sonorità che rischiano di condurmi direttamente alla pazzia; compare poi il suono arrugginito di una chitarra elettrica ad affiancare il componimento acustico, ma il risultato delirante non cambia ed un senso di inquietudine mi attanaglia la gola fino al raggiungimento degli ultimi interminabili attimi d'ascolto di questo alienante, ma per certi versi affascinante, 'Il Richiamo dell'Inverno'. (Francesco Scarci)

domenica 12 marzo 2017

Afraid of Destiny - Hatred Towards Myself

#PER CHI AMA: Suicidal Black Metal, Burzum
Gli Afraid of Destiny nel 2017 rilasceranno il loro secondo full length. Cosa di meglio allora che recuperare il loro ultimo EP, 'Hatred Towards Myself' e fare la conoscenza di questa realtà nata come one man band e nel frattempo divenuta un quartetto? Nati nel 2011 come Vitam Nihil Est, la creatura guidata da Adimere cambia ben presto moniker in Afraid of Destiny, dando alle stampe in sequenza ad uno split album, al debut, ad un altro paio di split prima di giungere a questo EP, datato 2013-2014 ma uscito solo nel 2016 in 50 limitatissime copie, che include tre sofferenti tracce di suicidal black. Come vuole il genere, ci troviamo di fronte a song dilatate, con ritmiche mid-tempo, chitarre ronzanti (Burzum docet), qualche raro utilizzo di synth e screaming vocals che trattano tematiche legate alla depressione o al suicidio. Questo è quanto potrete ascoltare nella opening track "Reflecting Under an Ascending Moon" e più in generale in un disco che raccoglie ovviamente tutti i cliché di un genere e ricerca, per quanto sia possibile (e complicatissimo), delle variazioni al tema. Ecco perché la traccia nel suo epilogo emula il conte Grishnackh e le sue intuizioni di 'Det Song Engang Var'. Un lunghissimo arpeggio di oltre tre minuti, apre "I Reject Life" (un vero inno alla vita) che poi si abbandona in un crescendo melodico davvero succulento che mantiene tutta la mia attenzione all'ascolto di questa song strumentale che sfodera alla fine anche un attacco di matrice post black. Si arriva alla title track, traccia dal mood oscuro e paranoico, in cui il buon Ayperos alla voce sembra un Gollum travestito da cantante. La song preserva lungo i suoi sei minuti il suo abito grigio scuro, quello da colloquio di lavoro, l'abito delle giornate di pioggia, quello ideale per un giorno da funerale, si il proprio. (Francesco Scarci)

giovedì 2 marzo 2017

Hellsing - The Fallen: A Sinister Declaration of Fire

#PER CHI AMA: Black Symph, primi Dimmu Borgir, Eibon La Furies
Quando noi italiani pensiamo all'Indonesia, immaginiamo le splendide spiagge di Bali, i suoi pericolosissimi vulcani (il famigerato Krakatoa ad esempio) o alla disgrazia dello tsunami che investì il paese nel 2004, ma nessuno sa che da quelle parti c'è una fiorentissima scena metal. Certo, non siamo al cospetto di mirabolanti band, ma tanta roba si muove laggiù e qualcosina cattura l'attenzione anche dei nostri operatori. La label nostrana Adimere Records ha scovato questi Hellsing (nome che si rifà all'omonimo manga giapponese), autori di un vero e proprio dischetto di quattro pezzi (un mini cd in una custodia che assomiglia più ad una cassetta che ad un disco). I quattro ragazzi dell'isola di Sulawesi propongono un black sinfonico, ovviamente assai derivativo, che trae la sua linfa da band come i primi Dimmu Borgir o gli Anorexia Nervosa. Chiaro, prendiamo le dovute distanze da queste due band, i nostri sono fermi a sonorità di quasi vent'anni fa. Tuttavia, superata la malefica intro, "Immortal Creatures" ci offre una tempesta black metal, la cui furia è smorzata dall'utilizzo ancora primordiale delle keys, con un risultato comunque apprezzabile. Ben più selvaggia la successiva "Battles in this Fire", in cui sottolineerei le efficaci harsh vocals del cantante, qualche giro di chitarra davvero interessante che mi ha ricordato gli inglesi Eibon la Furies, un bel break affidato alle tastiere e un breve assolo, in quella che è la canzone più convincente del lotto. Si arriva a"666 (Under the Moonlight)", un titolo che poteva andare di moda negli anni '80-90 (non a caso gli Iron Maiden evocavano questo numero particolare nel 1982), in una canzone che invece si dimostra la più debole e scontata del quartetto, a causa di un black troppo lineare e che poco ha da dire, fatto salvo per il roboante e cacofonico solo finale. In conclusione, 'The Fallen: A Sinister Declaration of Fire' è un dischetto che dovrebbe attirare l'attenzione per lo meno dei più curiosi, avidi di sapere cosa riserva a livello musicale quell'esotica parte del pianeta. (Francesco Scarci)

domenica 26 febbraio 2017

Eyelids - Departure

#PER CHI AMA: Depressive Black, Blackgaze
Poche le informazioni trovate in rete a proposito di questa band nostrana: si tratta di un trio composto da M, F e D (facile, ma questo era già riportato all'interno del cd), le cui origini dovrebbero ricondurli alla Basilicata, fondati nel 2012 e che solo nel 2016 giungono alla pubblicazione di questo EP, grazie prima alla Masked Dead Records e poi alla Adimere Records. Tredici minuti di musica sono sempre pochi per giudicare appieno l'operato di una band, ma come si dice, chi si accontenta gode. E allora si prema il tasto play del lettore e ci si immerga nelle malinconiche atmosfere degli Eyelids e del loro 'Departure'. "Betrayed" rivela quanto i nostri siano dei cultori del blackgaze con una song mid-tempo, dotata dei classici ridondanti giri di chitarra a rallentatore che disegnano melodie strazianti (cosi come pure le vocals), di "burzumiana" memoria. Quello che apparirà subito chiaro è una produzione non propriamente cristallina, che ai cultori del bel suono magari farà storcere il naso, ma si sa che in questo genere, più si è sporchi e disperati, meglio è. La title track prosegue sull'onda emotiva dell'opener, evocando nelle sue linee di chitarra assai depresse, la primordialità che si riscontrava in 'Le Secret' degli Alcest. La lentezza si fa ancor più preponderante nella conclusiva "Disclosure", un pezzo che non aggiunge nulla di nuovo a quanto detto sinora, ma che offre un ulteriore spaccato della musica sofferente di questi ragazzi. Non è certo un disco che mi sento di consigliare a chiunque, ma coloro che sono fan di gente come Austere o Woods of Desolation, un orecchio lo porgano pure a questi Eyelids. (Francesco Scarci)

(Adimere Records - 2016)
Voto: 60

mercoledì 26 ottobre 2016

Eterna Rovina - Metamorfosi

#PER CHI AMA: Black Depressive, Movimento d'Avanguardia Ermetico
Le one-man-band rischiano di essere fin troppo inflazionate ultimamente; l'ultima arriva da Urbino, gli Eterna Rovina, ed è opera di tal F., membro peraltro di Batrakos e Sonnenrad. Il giovanissimo musicista marchigiano (21 anni), ci presenta 'Metamorfosi', disco uscito per diverse etichette, tra cui la messicana Silentium in Foresta Records, che ha dato alle stampe la prima release di 'Metamorfosi' e la nostrana Adimere Records, che ha ristampato un cd che era andato velocissimamente sold-out. Questo potrebbe lasciar presagire le ottime qualità del mastermind italico, ma andiamo con ordine e cerchiamo di analizzare pregi e difetti di questo lavoro d'esordio. Intro rumoristica e poi il suono del mare ci conduce a "Decadendo nel Flusso", traccia di black mid-tempo, che sottolinea la vena atmosferica degli Eterna Rovina e di un sound che a più riprese, apparirà ispirato dalla natura e dalla cosmologia filosofica, ma che in termini di suoni, risulterà invece penalizzato da una registrazione a tratti imbarazzante. Peccato, perché la traccia d'apertura (che ritroveremo anche ne "Il Respiro del Silenzio") mette in luce un sound ancestrale, primigenio, condito da serratissime ritmiche su cui si stagliano gli aspri vocalizzi di F., ma che aprono anche a desolati paesaggi evocanti lo spirito del maestro Varg Vikernes. A questo aggiungete poi una diffusa vena malinconica che permea e dona una aurea di mistero all'intero lavoro, contribuendo anche ad una certa alternanza ritmica che si sposa egregiamente con la proposta degli Eterna Rovina. "Memorie del Caos" è un brano più ritmato, che dall'inizio alla fine non ha da offrire grossi sussulti se non una coerente linearità ritmica sovrastata dall'arcigna performance vocale di F. che ci accompagna fino al secondo intermezzo noise "Eco Astrale II". "Ombre di Cenere" non si discosta poi molto dalle precedenti, garantendo sonorità adombrate (quasi funeral doom) di cui sottolineerei il cantato in italiano facilmente intellegibile e uno spaccato di musica lirica da brividi, che eleva qualitativamente, anche se per pochi secondi, la proposta dell'oscuro individuo che si cela dietro al moniker Eterna Rovina, che si avvia verso un epico finale. Ancora una manciata di secondi all'insegna di suoni misteriosi e tocca a "Il Respiro del Silenzio" regalarci squarci di musica emozionale che si muovono tra depressive e post black (in un finale pazzesco), evocando a più riprese la proposta dei piemontesi Movimento d'Avanguardia Ermetico. Quel che stona però nella proposta del musicista italiano è una certa artificiosità nei suoni di batteria (ah, maledette one-man-band con la drum machine!!) e poi il grossolano errore a livello di volumi a fine brano (e inizio successivo) in cui sembra ci sia qualcuno che si diverta a fare su e giù con la leva dei volumi, un vero peccato, che comunque non pregiudica la prova dignitosa di un giovane musicista che ha davanti a sé tutto il tempo per migliorare, imparando dagli errori passati. Alla fine 'Metamorfosi' è un disco per certi versi interessante, ma che necessità di una maggior cura nei dettagli per evitare quei grossolani errori che rischiano di oscurare la buona riuscita di un album. (Francesco Scarci)